Salute e malattia

La salute

La salute è definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come "uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non soltanto l'assenza di malattia" (dal protocollo di costituzione dell’OMS, 22 Luglio 1946.

E, più recentemente dall'igienista A. Seppilli: La salute non è una condizione statica di equilibrio perfetto; al contrario, essa consiste in uno sforzo continuo di adattamento alle mutevoli condizioni ambientali. La salute è una condizione di armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico, dell’individuo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale (1966).

Nel 1984 l'OMS articola ancora meglio il concetto di salute: La salute è vista come una risorsa della nostra vita quotidiana, e non come lo scopo della nostra esistenza; si tratta di un concetto positivo che pone l’accento sia sulle risorse personali e sociali che sulle capacità fisiche".

Tutti gli esseri viventi, per rimanere nella condizione di salute, devono mantenere l'omeostasi, ovvero uno stato di equilibrio dinamico del corpo che tende ad essere costantemente alterato dalle condizioni ambientali che cambiano continuamente. La salute consiste quindi anche nella capacità di adatttamento alle condizioni dell'ambiente naturale e sociale, mutevoli e talvolta sfavorevoli.

La salute è quindi una condizione di equilibrio dinamico, in cui un individuo realizza un rapporto armonico con l'ambiente in cui vive e di cui è parte integrante. Per ambiente in questo caso si intende non solo l'ambiente naturale, che fornisce tutti gli elementi necesari alla sopravvivenza "fisica" (i nutrienti, l'acqua, l'ossigeno) ma anche il contesto sociale,  economico, politico e culturale che forniscono invece gli elementi per il benessere "soggettivo" (le relazioni affettive, il lavoro, la situazione economica, il livello di istruzione). 

Lo stato di salute di un individuo e più estesamente di una comunità o di una popolazione è dunque influenzato e determinato dall'interazione di molteplici fattori.

Determinanti della salute

Lo studio dei determinanti della salute costituisce la base e la sostanza della sanità pubblica, perché consente di analizzare (e possibilmente modificare) i fattori che in varia misura influenzano l’insorgenza e l’evoluzione delle malattie. 

La salute è influenzata, secondo il modello  di Dahlgren e Whitehead (1993) da fattori, o determinanti, che si sovrappongono su livelli successivi.

Al primo livello si trova il nucleo biologico, costituito da età, sesso e fattori genetici ereditari.

Al secondo gli stili di vita individuali: alimentazione, attività fisica, dipendenze da sostanze.

Al terzo le reti sociali e di comunità: supporto sociale, accesso alle risorse, comportamenti interpersonali.

Al quarto le condizioni di vita e di lavoro: istruzione, luogo di lavoro, reddito, servizi sanitari.

Al quinto e ultimo livello il contesto generale: gli aspetti socioeconomici, culturali e ambientali.

Lo stato di salute è caratterizzato dalla costanza dei parametri vitali (temperatura, composizione chimica, funzionamento organi e apparati) raggiunta e mantenuta per mezzo di continui aggiustamenti metabolici (omeostasi) e con spesa di energia. 

La malattia

E la malattia? Nonostante questo concetto sia centrale in medicina, non esiste una definizione universalmente accettata dalla comunità dei medici e degli operatori sanitari. 

Come definizione una malattia (o patologia) è una condizione anormale di un soggetto, causata da alterazioni organiche o funzionali che compromettono la sua salute (l'integrità e l'efficienza fisica e/o pscichica) oppure lo rendono incapace di utilizzare tutte le risorse e le capacità che possiede in ogni situazione.

L'alterazione dell'equilibrio tra organismo e ambiente, se supera le sue capacità di adattamento, porta all'insorgenza della malattia. 

Si può anche definire la malattia come l'opposto della salute: l'alterazione dello stato fisiologico e/o pscicologico di un organismo riduce e/o modifica negativamente le normali funzionalità e determina un insieme di reazioni fisiologiche - differenti da quelle normali - che caratterizzano la malattia.

La malattia è quindi una condizione generale che colpisce una o più parti del corpo e che si ripercuote sull'intero individuo, alterandone più o meno profondamente l'equilibrio funzionale.

La malattia è inoltre transitoria: si conclude o con la guarigione, o con l'adattamento ad una diversa condizione di vita (cronicizzazione), o con la morte dell'individuo.

La malattia si distingue dalle manifestazioni morbose, definite come deviazioni dalla norma dello stato di salute e carattertizzate da diversi livelli di gravità, che possono essere distinte l'una dall'altra. Le manifestazioni morbose interessano solo una parte del corpo e non si ripercuotono negativamente sul resto dell'organismo.

La manifestazione patologica più lieve è data dal fenomeno morboso che rappresenta la deviazione più semplice dalla norma di un carattere morfologico, biochimico o funzionale di una cel­lula, di un tessuto, di un organo, che può anche essere anche privo di qualunque sintomo. Un fenomeno morboso è, per esempio, l'abrasione superficiale della pelle che non ha interessato il derma sottostante e i vasi sanguigni che lo attraversano. 

Il processo morboso è invece l’insieme di più fenomeni morbosi correlati tra loro che, generalmente, si manifestano in una successione regolare con caratteristiche tipiche dell'evento patologico. L'esempio tipico è la febbre che, pur essendo prodotta da moltepli­ci cause, è nel suo insieme caratterizzata da una se­quenza precisa di eventi: aumento della temepratura corporea e della frequenza dei battiti cardiaci e diminuzione della quantità di urina prodotta..

Lo stato morboso è invece una condizione patologica stazionaria, ben definita, spesso priva di qualunque sintomo, che risulta da un equilibrio, non sempre facilmente identificabile, che si instaura tra il fattore causale e l'organismo (grazie alle capacità di adattamento di quest'ultimo). Esempi di stato morboso sono dati dalla miopia, dalla presbiopia, dalla presenza di cicatrici, dalla mancanza di un arto o di parte di esso.